Coprogrammazione e coprogettazione
Definizione
Con i termini “coprogrammazione” e “coprogettazione” ci si riferisce ad una nuova modalità di relazione che può essere instaurata tra enti pubblici e Terzo Settore, che trae la sua essenza dal principio di collaborazione.
Coprogrammazione e coprogettazione si presentano come un nuovo approccio al welfare in grado di superare i limiti mostrati sia dalla gestione unilaterale, da parte dello Stato, delle politiche sociali sia dall’adozione di meccanismi di mercato (contracting out). Dentro tali nuovi processi, infatti, trova spazio una logica che punta all’aggregazione di risorse, finanziarie, umane, informative e ideative, potenzialmente generatrice di un valore aggiunto e di innovazione sociale. Collaborazione, democrazia, partecipazione, inclusione, innovazione sociale dovrebbero rappresentare i concetti-chiave di questo nuovo modo di pensare le politiche sociali e di realizzarle (Fazzi, 2009; Fazzi, 2021).
L’espressione coprogettazione si può accostare (e talvolta confondere), infatti, con una serie di pratiche quali co-produzione, co-creazione, co-gestione vale a dire l’intento di superare una logica di gestione e produzione unilaterale dei servizi (Brandsen e Pestoff, 2006; Fazzi, 2021). In quest’ottica, tali pratiche ambiscono a far confrontare e congiungere gli interessi delle varie parti sociali che entrano in gioco nell’implementazione di un servizio. Tra queste si possono individuare tre categorie principali di attori: i titolari del servizio, i provider, ovvero i fornitori, che ne curano la realizzazione, e i suoi destinatari.
Coprogrammazione e coprogettazione implicano il superamento del New Public Management (NPM), modello affermatosi in sostituzione delle soluzioni burocratiche e gerarchiche come la fornitura diretta, basato sull’assunto che la concorrenza determini di per sé costi inferiori e servizi migliori, rispetto alle altre soluzioni. Tale modello - concretizzatosi negli appalti pubblici - ha mostrato, nel corso degli ultimi decenni di applicazione, diversi limiti: il numero di potenziali fornitori rimane limitato a causa della natura dei servizi stessi o del numero ridotto dei potenziali utenti, rendendo i comportamenti opportunistici più probabili; per alcuni servizi è difficile definire in anticipo i bisogni degli utenti e le prestazioni richieste; le competenze tecniche e le risorse informative sono spesso distribuite in modo asimmetrico tra agenzie governative e gli appaltatori.
A fronte di tali limiti, i governi locali di diversi paesi hanno cominciato a adottare modalità miste di erogazione dei servizi basate sulla cooperazione (Bel e Gradus, 2018), anziché sulla competizione, in funzione dei minori costi di transazione, della semplificazione amministrativa e del livello di fiducia tra le organizzazioni coinvolte.
Il quadro giuridico
Nel nostro paese, la coprogrammazione e la coprogettazione sono al centro dell’art. 55 del nuovo Codice del Terzo Settore, il cui significato è stato chiarito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 131 del 26 giugno 2020. In questa cornice giuridica, tali strumenti permettono di riconfigurare a monte i rapporti tra amministrazioni pubbliche e Terzo Settore. L’articolo 55 del D.lgs. 117/2017, infatti, stabilisce che le amministrazioni pubbliche nell'esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi possono assicurare “Il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo Settore, attraverso forme di coprogrammazione e coprogettazione”.
Rispetto agli strumenti amministrativi collaborativi già esistenti, il nuovo Codice del Terzo Settore assegna alle forme collaborative un ruolo di grande rilievo: la coprogettazione viene estesa senza limitazioni a tutte le circostanze, comprese quelle ordinarie dove, invece, la normativa precedente riguardava “servizi sperimentali e innovativi” e a tutti i settori di interesse generale citati dal Codice del Terzo Settore mentre prima l’ambito era quello del welfare. Inoltre, tutte le amministrazioni pubbliche possono intraprendere azioni collaborative, nei propri settori e ambiti di competenza. Si esprime così l’intenzione del Legislatore di rendere la collaborazione tra pubblico e privato sociale uno strumento operativo concreto e di più immediato utilizzo per la realizzazione di servizi volti a soddisfare bisogni collettivi.
Questa interpretazione della normativa viene ulteriormente rafforzata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con il DM 72/2021, che approva le Linee Guida attuative del rapporto tra pubbliche amministrazioni ed Enti del Terzo Settore. È qui che la normativa evidenzia la distinzione tra l'instaurazione di rapporti collaborativi e l’affidamento di appalti e concessioni di servizi (si tratta di procedure che afferiscono a due fonti legislative differenti, il Codice del Terzo Settore e il Codice dei Contratti Pubblici, normato dal D.lgs. 50/2016), chiarendo espressamente come, nei casi in cui siano possibili entrambe le soluzioni, sia l’autonomia decisionale propria dell’Amministrazione pubblica a guidare la scelta tra una e l’altra opzione, stante tuttavia il rispetto della legittimità dell’azione amministrativa, che, anche nel caso di strumenti collaborativi, deve attenersi ai principi di tutela della concorrenza, trasparenza, imparzialità e parità di trattamento.
Le fasi della coprogettazione
Coprogrammazione e coprogettazione sono cronologicamente e logicamente connessi. La coprogrammazione rappresenta il momento in cui il Terzo settore può partecipare a pieno titolo alla formulazione delle politiche, portando la propria capacità di lettura dei bisogni. La coprogettazione è finalizzata alla definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento volti a soddisfare bisogni definiti (Maino, 2022).
A differenza dell’appalto o della concessione (che si sostanziano in uno scambio do ut des tra due attori ben distinguibili sia formalmente che sostanzialmente), il rapporto dato dalla coprogettazione ha un forte carattere collaborativo, che si basa sulla “convergenza di obiettivi e sull’aggregazione di risorse pubbliche e private per la programmazione e la progettazione, in comune, di servizi e interventi diretti a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, secondo una sfera relazionale che si colloca al di là del mero scambio utilitaristico” (cfr. Sentenza n. 131/2020 della Corte Costituzionale).
Affinché si qualifichi come coprogettazione, sono quindi necessarie la compartecipazione di risorse economiche sia dal lato pubblico che da quello privato e la co-responsabilità nella realizzazione del progetto per tutta la durata della convenzione. Dopo averne chiarito il significato, il DM 72/2021 fornisce inoltre indicazioni su come strutturare il processo di coprogettazione, articolandolo in cinque fasi, come riportato nella Tabella 1, ripresa da Maino (2022).
Tabella 1. Le fasi della coprogettazione
Fonte: Maino (2022).
Punti di forza e criticità
Dal punto di vista analitico, occorre considerare che la coprogettazione si presenta in forme anche assai differenti. Un’importante distinzione analitica è stata introdotta da Rossi e Colombo (2019), secondo i quali occorre differenziare la coprogettazione come “dispositivo amministrativo” dalla coprogettazione come “logica d’azione”. Per quanto concerne il dispositivo amministrativo, la partnership pubblico-privata risulta l’esito di un accordo formalizzato tra gli attori che definisce sul piano normativo i rapporti tra attori pubblici e privati. Per quanto concerne la logica d’azione, il concetto di partnership richiama la particolare configurazione della rete inter-organizzativa entro la quale gli attori si muovono.
Gli esiti della coprogrammazione e della coprogettazione non sono scontati. Occorre che la ricerca sociale, i cui studi empirici sul tema sono ancora pochi (Marocchi, 2021), si interroghi sull’efficacia che tali processi hanno sia nell’includere un’ampia rete di soggetti anche assai diversi tra loro, anziché reiterare modalità consolidate che escludono alcuni soggetti a discapito di altri, sia nell’intercettare e rappresentare i bisogni dei cittadini e dei destinatari finali dell’intervento, evitando il rischio di autoreferenzialità dei soggetti titolari e/o provider degli interventi.
La letteratura, infatti, evidenzia che le pubbliche amministrazioni sono spesso portate a selezionare i partner più in base alle conoscenze reciproche, rinforzando in tal modo le relazioni e i punti di vista consolidati e riducendo l’influenza di chi ha meno voce. I soggetti meno allineati o semplicemente meno conosciuti, di piccole dimensioni, con una struttura organizzativa più leggera, tendono ad essere emarginati e allo stesso tempo ad avere più difficoltà a seguire lunghi processi di coprogettazione (Fazzi, 2021). Il moltiplicarsi di tavoli richiede un forte investimento in termini di tempo e risorse e pone a rischio di “partnership overload” (Douglas, 2009). Inoltre, soggetti pubblici e del terzo settore, in quanto strettamente a contatto con i beneficiari, tendono a sentirsi titolati a rappresentarli. Tuttavia, il grado di rappresentatività dei soggetti che operano nel sociale, pubblici o privati che siano, dipende in gran parte dai modelli organizzativi, da aspetti tecnici e burocratici. Per questa ragione è fondamentale il coinvolgimento diretto dei beneficiari in modo che la coprogettazione sia improntate sui vissuti, le aspettative e le esperienze vitali di chi dai servizi dovrebbe trarre beneficio (Fazzi, 2021).
È dunque essenziale predisporre le condizioni organizzative e strategiche per favorire l’effettiva partecipazione di una rete ampia di organizzazioni e soggetti, inclusi i beneficiari diretti degli interventi (si veda anche Pisani, 2022). Ciò implica il ricorso a strumenti tecnologici e figure professionali ad hoc, come i welfare community manager, al fine di facilitare il lavoro di rete nei territori.
Le prospettive
Quando si introducono elementi di forte innovazione è importante ricordare che non basta sostituire uno strumento con un altro per ottenere un cambiamento nel modo di operare: al contrario, sarebbe indispensabile predisporre dispositivi in grado di accompagnare tale transizione.
Vi è un’ampia letteratura sulle pratiche collaborative che sottolinea come non sia scontato che attori pubblici e privati siano in grado di superare le criticità tipiche delle reti e i problemi che affliggono i sistemi di welfare locale attuali, sotto pressione per il moltiplicarsi dei bisogni, le risorse scarse e l’appesantimento burocratico e regolativo - fattori che rischiano di limitare l’efficacia del contributo dei soggetti coinvolti. Per promuovere i nuovi strumenti collaborativi non è dunque sufficiente la loro introduzione amministrativa. E’ necessario investire sulla comprensione delle condizioni facilitanti e sui meccanismi che rendono la collaborazione efficace ed efficiente così che l’innovazione possa generare un impatto sociale misurabile.
Per concludere, è difficile immaginare che i modelli precedenti, quali la fornitura diretta o la mera concorrenza, siano sufficienti ad affrontare le sfide che ci attendono, ma in futuro ad essere decisiva sarà la capacità delle amministrazioni locali di tenere la regia dei processi collaborativi e di assicurare che coprogrammazione e coprogettazione perseguano un adeguato equilibrio tra competenze pubbliche e private.
Riferimenti bibliografici
- Bel G. e R. Gradus (2018), “Privatisation, contracting-out and inter-municipal cooperation: new developments in local public service delivery”, Local Government Studies, 44(1), 11-21.
- Brandsen T. e V. Pestoff (2006), “Co-production, the third sector and the delivery of public services”, Public Management Review, 8(4), 493-501.
- Douglas A. (2009), Partnership Working, Abingdon, Routledge.
- Fazzi L. (2009), “The Democratization of welfare between rhetoric and reality; local planning, participation, and third sector in Italy”, Journal of Civil Society, 5(2), 187-203.
- Fazzi, L. (2021), “Coprogettare e coprogrammare: i vecchi dilemmi di una nuova stagione del welfare locale”, Impresa sociale, 3, 30-38.
- Maino, F. (2022), “Coprogrammazione e coprogettazione: nuovi strumenti per innovare il welfare locale”, Lavoro Sociale, 3, 18-22.
- Marocchi, G. (2021), “La coprogrammazione a Caluso. Un’esperienza di amministrazione condivisa”, Impresa Sociale, 2, 57-69.
- Pisani, G. (2022), “L’amministrazione condivisa al centro di un nuovo modello di solidarietà”, Sociologia del diritto, 1, 10-38.
- Rossi P. e M. Colombo (2019), “Non sarà un’avventura? L’innovazione delle partnership pubblico-privato e la co-progettazione dei servizi di welfare sociale”, Stato e Mercato, 117(3), 411-447.
Suggerimenti di lettura
- De Ambrogio U. e G. Guidetti (2016), La coprogettazione. La partnership tra pubblico e privato, Roma, Carocci.
- Fazzi L. (2014), Imprenditori sociali innovatori, Milano, Franco Angeli.
- Frediani E. (2021), La co-progettazione dei servizi sociali. Un itinerario di diritto amministrativo, Torino, Giappichelli.
- Galli L. (2022), La coprogrammazione e la coprogettazione di servizi di integrazione dei migranti. Paradigmi di coinvolgimento della società civile nei percorsi di inclusione sociale, Torino, Giappichelli.