Mercato del lavoro

Il mercato del lavoro può definirsi come l’ordinamento sociale all’interno del quale si incontrano la domanda e l’offerta di forza lavoro. Quest’ultima proviene da chi è alla ricerca di un impiego, mentre la domanda è originata dagli imprenditori e dalle organizzazioni pubbliche e private, genericamente indicati come «datori di lavoro». Esistono tre ordini di ragioni per affermare che il mercato del lavoro si configuri come uno specifico ordinamento sociale. La prima deriva dal fatto che esso è un sistema di relazioni sociali che si manifestano nella miriade quotidiana di incontri, diretti o indiretti, tra datori di lavoro e persone alla ricerca di impiego. La seconda è che le relazioni di impiego coinvolgono insiemi amplissimi di soggetti che da esse vedono dipendere gran parte delle loro possibilità di vita, sono socialmente regolate in termini legali, contrattuali e di fatto. Infine, il mercato del lavoro costituisce un’importante arena di allocazione e di distribuzione di persone e di risorse (o ricompense).

I temi specifici collegati all’ambito mercato del lavoro sono così schematizzabili:

• contratti e relazioni di impiego;

• posizione professionale;

• posizione rispetto al mercato del lavoro (popolazione attiva, occupati, disoccupati, non forze di lavoro);

• ricerca del primo impiego.

Il mercato del lavoro può essere definito come l’ordinamento sociale all’interno del quale si incontrano la domanda e l’offerta di forza lavoro. Quest’ultima ovviamente proviene da chi è alla ricerca di un impiego, mentre la domanda è originata dagli imprenditori e dai vertici, ai diversi livelli, delle organizzazioni pubbliche e private.
Esistono tre ordini di ragioni per affermare che il mercato del lavoro si configuri come uno specifico ordinamento sociale. La prima deriva dal fatto che esso è un sistema di relazioni sociali, che si manifestano, innanzitutto, nella miriade quotidiana di incontri, diretti o indiretti, tra datori di lavoro e persone alla ricerca di un impiego. Le relazioni sociali che intessono il mercato del lavoro si esprimono, poi, formalmente, nel contratto di impiego. Quest’ultimo definisce le prestazioni richieste alla persona che il datore di lavoro intende assumere, l’orario giornaliero e settimanale in cui queste prestazioni devono avvenire, la collocazione gerarchica del lavoratore nell’organizzazione di cui viene a far parte in seguito all’assunzione, la durata stessa del contratto e, ovviamente, il corrispettivo economico dell’attività del dipendente. Ma le relazioni sociali sottostanti ai rapporti di impiego consistono anche in una pluralità di elementi informali, di reciproche aspettative, spesso inespresse e, nondimeno, cogenti. Queste aspettative sono, ovviamente, diverse per i lavoratori alle dipendenze e per i datori di lavoro. I dipendenti si aspettano di essere trattati in modo equo, di non essere sottoposti a controlli assillanti, di vedere riconosciuto e premiato il proprio impegno, di non essere oggetto di richieste eccessive di dedizione, se così possiamo chiamarla, all’impresa o all’organizzazione da cui dipendono. Per contro, i datori di lavoro si attendono dai lavoratori obbedienza pronta ad eventuali ordini, rispetto della gerarchia organizzativa, disponibilità a cooperare con i compagni di lavoro, spirito di iniziativa, lealtà e disponibilità nei confronti dell’azienda o dell’organizzazione. Naturalmente, i sistemi di aspettative e le connesse relazioni di impiego conoscono significative variazioni in funzione delle competenze tecniche possedute e dei ruoli organizzativi svolti dai dipendenti. Così, i datori di lavoro sono legati alla dirigenza da un rapporto di carattere fiduciario che esclude quasi ogni forma di controllo dei primi sulla seconda e che comporta, per quest’ultima, ampi margini di autonomia e trattamenti economici di considerevole consistenza. L’intensità dei controlli sull’attività svolta tende, invece, ad aumentare e i margini di autonomia personale, così come I trattamenti economici, a diminuire mano a mano che si scende nella gerarchia tecnico-organizzativa. 
Il secondo motivo che induce a concepire il mercato del lavoro come un vero e proprio ordinamento sociale è così riassumibile. Le relazioni di impiego, in quanto coinvolgono insiemi amplissimi di soggetti che da esse vedono dipendere gran parte delle loro possibilità di vita, sono socialmente regolate in termini legali, contrattuali e di fatto. Legali, perché lo Stato definisce le caratteristiche di fondo dei contratti di impiego, stabilisce limiti superiori agli orari di lavoro, norma i trattamenti previdenziali e di fine rapporto e interviene, con apposite misure di politica pubblica, per garantire un reddito ai soggetti che perdono l’impiego, per fluidificare i rapporti tra domanda e offerta, e così via. Dal canto loro, le regolazioni contrattuali specificano i rapporti di impiego in funzione del settore economico in cui opera l’azienda, delle sue dimensioni e delle prestazioni richieste ai singoli dipendenti. Le regolazioni di fatto consistono in norme non scritte che, tuttavia, orientano la condotta dei datori di lavoro e dei lavoratori alle dipendenze sia quando si tratta di affrontare problemi quotidiani di limitata complessità (durata delle pause, servizi di mensa, sostituzione di assenti), sia quando si tratta di gestire questioni complicate (individuazione delle persone da licenziare per prime in caso di crisi aziendale, distribuzione dei carichi di lavoro tra i vari dipendenti, e così via).
Le regolazioni legali e contrattuali, ma, per certi versi, anche quelle di fatto, costituiscono, di norma, il risultato di processi di negoziazione nei quali intervengono (con intensità e con incidenza difformi) i tre grandi attori collettivi operanti nel mercato del lavoro: lo Stato, le rappresentanze delle organizzazioni imprenditoriali e le organizzazioni sindacali del lavoro dipendente. Si può, dunque, dire che il mercato del lavoro, in quanto ordinamento istituzionale, sia il luogo in cui interagiscono lo Stato e le organizzazioni di rappresentanza degli interessi. Si può, poi, aggiungere che il mercato del lavoro costituisce un’importante arena di allocazione e di distribuzione di persone e di risorse (o ricompense). Infatti, esso colloca gli individui nei ruoli previsti dalla divisione tecnica del lavoro; assegna ad essi ruoli tecnici e posizioni differenziate nel sistema della divisione sociale del lavoro e della stratificazione occupazionale; contribuisce alla strutturazione dei processi di distribuzione - tra le varie categorie e posizioni occupazionali - delle ricompense materiali e immateriali disponibili in una società.
Naturalmente, il mercato del lavoro non costituisce un ordinamento sociale isolato dagli altri e dai più generali meccanismi di funzionamento della società di cui è parte. Si intende con ciò  dire che i comportamenti degli attori individuali e collettivi sul mercato del lavoro non sono condizionati solo dal tentativo di perseguire razionalmente i rispettivi interessi (entro i confini fissati dai processi regolativi), ma anche dalla configurazione di altri ordinamenti sociali (come, ad esempio, il sistema scolastico, il regime di welfare, la sfera politica, gli assetti familiari) e dagli orientamenti di valore e culturali dei diversi gruppi sociali, nonché dalle routine di vita quotidiana di questi ultimi.
Va, infine, tenuto presente che il mercato del lavoro costituisce una struttura di potere fortemente asimmetrica, nella quale, cioè, le capacità negoziali e le probabilità di far valere i propri interessi non sono omogeneamente distribuite tra i vari attori (individuali e collettivi), ma dipendono dalle rispettive risorse di dominio. Così, in linea di massima, il potere dei datori di lavoro è di gran lunga superiore a quello dei dipendenti e, ancor più, dei soggetti alla ricerca di un impiego. D’altra parte, questi ultimi sono fortemente differenziati tra loro in funzione delle loro capacità di controllo delle organizzazioni di cui sono parte, delle credenziali scolastiche e delle qualificazioni professionali che posseggono.