Servizi sociali
Premessa
Con l’avvento delle società moderne i sostegni allo sviluppo delle attività necessarie ad affrontare la vita quotidiana si sono andate istituzionalizzando in un processo che ha radicalmente trasformato i singoli interventi a favore della famiglia, della salute, ecc. Nel secondo dopoguerra, in particolare, diverse esperienze nazionali si sono andate consolidando in veri e propri modelli territoriali di offerta di servizi pubblici assistenziali. Il maggiore sviluppo di tali iniziative è stato quello dei paesi scandinavi con interventi ancorati al modello culturale di tutela e promozione dei diritti individuali e della parità di genere, “un patto attraverso cui gli individui si sono collettivamente affrancati dalle responsabilità personali, individuali sotto la veste di una solidarietà gestita dallo Stato” (Trägårdh, 1997: 253) che può essere letto oggi come un modello tradizionalmente universalistico di protezione sociale. Già a partire dagli anni ‘60, infatti, in Scandinavia il governo locale aveva dato vita ad una rete capillare di servizi sociali pubblici. In altre zone continentali, soprattutto quella meridionale - Italia compresa -, è andato sviluppandosi un modello cosiddetto tradizionale, caratterizzato da una bassa offerta di servizi pubblici, il cui sviluppo è stato fortemente segnato dalla presenza della cultura cattolica. In questo modello l’assistenza e la cura sono state per lo più delegate alla responsabilità familiare, cui si è affiancata una presenza significativa di operatori sociali dell’ambito privato. Anche per questo il sistema di welfare nazionale è risultato essere fortemente sbilanciato verso prestazioni monetarie a scapito dei servizi. Gli altri paesi dell’Europa continentale, invece, costituiscono un gruppo piuttosto eterogeneo di sistemi ed iniziative che riguardano il ruolo della famiglia, dei servizi pubblici e privati a sostegno dei bisogni delle persone.
Definizione
La parola “servizi” rimanda immediatamente alla sua radice più profonda ancorata etimologicamente al concetto di “servire”, di “servo”, ed in senso più ampio alle “attività svolte da chi serve”. Il concetto, fortemente legato alle pratiche, è andato trasformandosi nel corso dei secoli in azioni e prestazioni organizzate da soggetti dell’ambito pubblico e da soggetti privati per rispondere a specifici bisogni della collettività. Per rendere operativo tutto questo servono professionisti in grado di intervenire con competenze e abilità specifiche per diminuire le disuguaglianze sociali e aiutare individui, famiglie e comunità a vivere migliori condizioni di vita. Questa professionalità così complessa ha dato origine nei primi decenni del secolo scorso alla figura del social worker, in Italia dell’assistente sociale. Storicamente collocata all’interno delle professioni sociali, quello dell’assistente sociale è un ruolo particolarmente delicato in quanto si colloca dentro le situazioni di disagio, al fianco delle persone in difficoltà, in tutte le età della vita e in tutti i suoi contesti sociali e relazionali per permettere la riappropriazione delle opportunità di vita che impediscono la sua piena realizzazione (Dal Pra Ponticelli, 2010).
La nascita vera e propria del servizio sociale professionale italiano ebbe luogo nel riaffermarsi della democrazia a seguito del ventennio fascista e dell’esperienza della seconda guerra mondiale. Dal convegno di Tremezzo nel 1946 emerse appunto con chiarezza la duplice necessità di una riforma assistenziale volta alla costruzione di una realtà organizzativa in grado di affrontare i problemi sociali di allora ed allo sviluppo di una nuova figura professionale in grado di rispondere ai bisogni del tempo, promotrice di una grande opera di risanamento sociale.
Il termine “sociali” si deve invece riferire all’ambito in cui si sono manifestati tali bisogni. Si tratta in particolar modo di rivolgersi alle profonde trasformazioni che ha vissuto la società moderna e il loro impatto sugli stili di vita, sulla struttura familiare, sull’allungamento delle carriere di vita delle persone, sul mutato concetto di salute e sull’allungamento della speranza di vita. Accanto a questo, sono mutate le speranze e le aspettative di vita delle persone, i modi di fare famiglia e di lavorare, il progettare il proprio futuro e quello della propria famiglia, il desiderio di benessere nella fase di vecchiaia. Tutto questo ha ovviamente impattato con il mondo dei servizi che diventano “servizi sociali” quando sono orientati alla soddisfazione di tutti questi bisogni, semplici e complessi, espliciti ed inespressi, fondati su garanzie comuni di equo accesso alle prestazioni, orientati da criteri di qualità, efficacia, efficienza e sostenibilità. Tra le caratteristiche più profonde dei servizi sociali c’è la loro tensione alla formazione di nuovi diritti di cittadinanza, che si affiancano ai diritti civili e sociali. Sono i diritti all’uguaglianza delle opportunità, alla qualità della vita, alla libertà personale, all’ambiente protetto e sostenibile, alla comunicazione, alla possibilità di realizzarsi nelle proprie specifiche aspirazioni.
Leggere il sistema di servizi sociali
Per leggere il complesso sistema di servizi sociali è possibile affidarsi a sguardi diversi. Ferrario (2014) propone di costruire una tassonomia che riguarda la costellazione dei bisogni delle persone e delle comunità a cui i servizi si rivolgono. È questa la classificazione per situazioni di bisogno, una fotografia difficile da fare perché i bisogni cambiano con velocità spesso non controllabili. Utilizzando tale criterio potremmo dividere i servizi secondo le più classiche aree di intervento e di prestazione: famiglie e minori, disabilità, marginalità sociale, salute mentale, dipendenze, anziani, migranti. È inoltre possibile leggere la mappa dei servizi sociali utilizzando il criterio della responsabilità di gestione degli stessi. Potremmo quindi distinguere i servizi sociali di competenza comunale (singoli comuni o in forma associata); servizi sanitari di competenza regionale i cui soggetti gestori sono le ASL e le Aziende Ospedaliere. Ed infine servizi ad elevata integrazione sociosanitaria ovvero attività professionali di tipo sociale, medico-infermieristico, psicologico ed educativo la cui competenza è distribuita tra le ASL e i Comuni. Da ultimo, secondo il criterio dell’offerta di prestazioni, interventi e servizi ai cittadini e alle comunità si possono distinguere:
- Interventi e Servizi, ovvero le attività relative alla predisposizione di interventi e servizi sociali, come ad esempio servizi di segretariato sociale, servizi di informazione e orientamento, centri di socializzazione e spazi di incontro realizzati sul territorio o a domicilio attraverso l’opera di professionisti del settore sociale.
- Trasferimenti monetari: comprendono sia i contributi economici erogati direttamente agli utenti, sia i contributi erogati ad altri soggetti perché́ forniscano servizi con agevolazioni sui ticket, sulle tariffe o sulle rette a particolari categorie di utenti. Rientra in questa categoria anche l’integrazione (o il pagamento per intero) delle rette per prestazioni residenziali o semiresidenziali.
- Centri e strutture residenziali, semi-residenziali o diurne: rientrano in questa categoria le attività e le prestazioni realizzate nei centri diurni e nelle strutture residenziali o semiresidenziali, nei servizi per la prima infanzia e per le disabilità, ovvero quelle caratterizzate in generale dalla presenza di strutture organizzate e stabili.
Le trasformazioni sociali che attraversano la nostra contemporaneità portano inevitabili cambiamenti dei bisogni sociali delle persone, dei gruppi e delle comunità locali. Le richieste di beni e servizi si fanno sempre più specifiche e le risposte pubbliche e private in ambito sociale si stanno configurando in modo sempre più differenziato. Il dibattito attuale si concentra su come poter rispondere con più efficacia, efficienza, qualità alle istanze dei cittadini. Tra le diverse rotte possibili si segnala la necessità di un rinnovato sistema di welfare che possa contenere alcuni elementi qualificanti. Il primo tra questi è il superamento della concezione che la gestione dei servizi alla persona in ambito sociale competa ad un unico e singolo attore, sia esso pubblico o privato. In coerenza con la logica di sistema della Legge quadro n. 328/2000, l’esito di tale sforzo potrà essere la collaborazione tra soggetti diversi del sistema di servizi secondo forme innovative di cooperazione, integrazione e di responsabilità. Tale logica che possiamo definire come una tensione alla pluralizzazione degli attori del sistema dovrà essere in grado di attivare processi di capacitazione dei diversi attori del panorama sociale, compresi gli stessi utenti dei servizi. Mobilitare e potenziare le risorse, le competenze e il capitale sociale dei territori e delle comunità può essere volano per un’integrazione tra i diversi soggetti istituzionali e non. È acclarato che la logica reticolare favorisce il coinvolgimento attivo e il protagonismo delle famiglie e dei soggetti che troppo spesso rimangono schiacciati da vecchie logiche assistenzialisitiche che ne impediscono la realizzazione (Cesareo, 2017).
Riferimenti bibliografici
- Cesareo V. (2017, a cura di), Welfare responsabile, Milano, Vita e Pensiero.
- Dal Pra Ponticelli M. (2010), Nuove prospettive per il servizio sociale, Roma, Carocci.
- Ferrario P. (2014), Politiche sociali e servizi, metodi di analisi e regole istituzionali, Roma, Carocci Faber.
- Trägårdh L. (1997), Statist Individualism: On the Culturality of the Nordic Welfare State, Oslo, Scandinavian University Press.
Suggerimenti di lettura
- Campanini A. (2016, a cura di), Gli ambiti di intervento del servizio sociale, Roma, Carocci.
- Maggian R. (2011), Guida al welfare italiano: dalla pianificazione sociale alla gestione dei servizi. Manuale per operatori del welfare locale, Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore.
- Saraceno C. (2015), Il Lavoro non Basta. La povertà in Europa negli anni della crisi, Milano, Feltrinelli.