Sviluppo sostenibile
Definizione e fondamenti biofisici
Il Rapporto Brundtland, ovvero il lavoro della World Commission on Environment and Development del 1987, intitolato “Our Common Future”, affermò che: “uno sviluppo è sostenibile quando va incontro ai bisogni delle generazioni presenti senza pregiudicare la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”. Si tratta di una celebre definizione che introduce i termini “sviluppo sostenibile”, “sostenibilità”, e altri derivati.
Tuttavia, ancora oggi, il concetto di sostenibilità è elusivo e dai contenuti vaghi, dal momento che è usato nei modi più vari, come slogan pubblicitario, strumento di marketing, manifesto elettorale. Oggi, associare l’aggettivo «sostenibile» a qualcosa significa attribuire a essa una connotazione positiva, in ragione dell’equivalenza percepita comunemente, equivocando, tra sostenibilità e fattibilità o compatibilità. Infatti, nel Dizionario di Economia e Finanza dell’enciclopedia Treccani sviluppo sostenibile è definito come: “Espressione entrata nel linguaggio dei mass media, dei politici, delle imprese e del pubblico, assumendo significati in parte diversi, anche per l’uso inappropriato che ne è stato fatto, per proprio tornaconto (greenwashing), da parte di politici e imprese”.
Il concetto di sostenibilità, invece, poggia su basi epistemologiche, culturali e scientifiche molto solide. In particolare, i fondamenti della sostenibilità sono prima di tutto biofisici che derivano da vincoli naturali (che hanno enormi effetti economici e sociali) ai quali si deve riferire ogni comportamento della specie umana. Tali basi sono riconducibili, in estrema sintesi a tre importanti pilastri: 1) il tempo; 2) i limiti biofisici; 3) le relazioni (Pulselli et al., 2011).
Considerare il tempo in chiave di sostenibilità vuol dire tenere conto delle dinamiche dell’attività umana e degli ecosistemi, non come semplice sequenza di cambiamenti di stato e modificazioni ma come un continuo divenire. Ciò aiuta a comprendere quali di queste modificazioni sono virtuose e quali da evitare, oppure se il futuro è una semplice deriva da accettare fatalmente e alla quale cercare di adattarsi. Secondo Adolfo Pérez Esquivel (2006), premio Nobel per la Pace nel 1980, oggi l’umanità si trova di fronte a due grandi pericoli: da una parte, il mondo veloce e il mondo lento sono fuori sincrono, per cui ogni cosa sembra indicare un’imminente e progressiva deriva dei diseredati verso una fatale solitudine, dovuta a un accelerato isolamento del loro mondo; dall’altra l’uomo e la natura sono fuori sincrono per cui nell’attuale società, caratterizzata dal processo di accelerazione, la vita stessa sul nostro pianeta è messa a rischio.
La sostenibilità è un concetto antropocentrico. Sarebbe inutile parlare di sostenibilità per la natura. La Terra esiste da 4,5 miliardi di anni, durante i quali la meravigliosa e lentissima evoluzione biologica è potuta avvenire grazie alle strategie vincenti messe in atto dalla natura. La natura si è diversificata, e la biodiversità rappresenta un generale punto di forza per la sopravvivenza; la natura ha utilizzato la forma di energia più abbondante e sicura che c’è: l’energia solare, imparando a nutrire di essa i primordiali meccanismi vitali tra cui la fotosintesi; la natura è riuscita a gestire le risorse e a liberarsi degli scarti, dei rifiuti e dell’energia degradata in eccesso, ad esempio chiudendo i cicli o re-irradiando il calore negli spazi celesti. La natura, in breve, è stata capace di sopravvivere nel tempo. La specie umana, al contrario, tende a ignorare le strategie vincenti che la natura ha mostrato e si comporta in modo paradossalmente opposto. Esistono dunque dei limiti entro i quali l’azione umana deve (ri)collocarsi. Tali limiti, seppure difficili da indentificare, vanno tenuti in gran conto per non avvicinarsi troppo a quelle soglie critiche oltre le quali qualcosa di imprevedibile e incontrollabile può avvenire con maggiore probabilità.
La termodinamica è la scienza dei limiti. Essa definisce i limiti nella disponibilità totale e nella capacità di sfruttare l’energia. I sistemi viventi, come un albero, una cellula, un individuo di una qualche specie animale, o un uomo, così come altri sistemi ad essi assimilabili, come un sistema economico, una città, o una nazione, (che non sono sistemi isolati, ma sistemi aperti, cioè scambiano energia e materia con l’ambiente circostante) presentano strutture estremamente ordinate che si evolvono nella direzione di un più elevato ordine, di una minore entropia. I sistemi viventi usufruiscono di flussi di energia e materia “dissipando”. Essi usano queste risorse per organizzarsi e sono caratterizzati da complessità, che si manifesta attraverso l’insieme di relazioni per mezzo delle quali tali sistemi aperti sono in contatto con l’ambiente circostante. È cioè fondamentale sottolineare l’importanza delle relazioni per i sistemi viventi e la dipendenza di ognuno di essi dal contesto nel quale si trova.
I principi dello Sviluppo Sostenibile
Nel 1990, Herman Daly, economista americano, inaugura il filone di ricerca che tende a rendere operativo il progetto “sostenibilità” e, partendo dalla distinzione fra “capitale naturale” e “capitale prodotto dall’uomo”, redige quelli che sono i principi della sostenibilità.
Daly (1990) scrive: “per la gestione delle risorse ci sono due ovvi principi di sviluppo sostenibile. Il primo è che la velocità del prelievo [di risorse] dovrebbe essere pari alla velocità di rigenerazione (rendimento sostenibile). Il secondo, che la velocità di produzione dei rifiuti dovrebbe essere uguale alle capacità naturali di assorbimento da parte degli ecosistemi in cui i rifiuti vengono emessi. Le capacità di rigenerazione e di assorbimento debbono essere trattate come capitale naturale, e il fallimento nel mantenere queste capacità deve essere considerato come consumo del capitale e perciò non sostenibile”.
Lo sviluppo è quindi diverso dalla crescita. La crescita è definita come un aumento quantitativo per aggiunta di materia ed energia e, in un mondo “finito” non può durare infinitamente. Qualsiasi sistema in natura cresce finché non raggiunge una fase di maturità in cui si mantiene stazionario per un lungo periodo. Un sistema che cresce sempre non può sopravvivere. “Crescita sostenibile” è un ossimoro che non può attuarsi. Sostenibile è un sinonimo di durevole e indica la capacità di durare nel tempo. Non è sostenibile né duratura una crescita basata su risorse limitate che si esauriscono. Al contrario, lo sviluppo può essere assimilato a un miglioramento qualitativo e realizzazione di potenzialità, che massimizza l’efficienza, riduce o esclude gli sprechi, attinge da fonti di approvvigionamento rinnovabili attraverso sistemi avanzati e tecnologie innovative, può alimentare un’economia prospera e garantire un benessere diffuso e duraturo. Dunque, lo sviluppo può essere sostenibile e durare nel tempo.
La rappresentazione della sostenibilità
L’immagine più ricorrente della sostenibilità è quella di un grafico a tre cerchi di uguale dimensione che si intersecano parzialmente fra loro (Figura 1). La corretta interpretazione di questa rappresentazione è che si ha sostenibilità solo se tutte e tre gli aspetti (ambientale, sociale ed economico) rispettano i criteri di sostenibilità. Ma la Figura 1 può anche indurre a pensare che, se non abbiamo la piena sostenibilità, ci sia un certo grado di interscambiabilità fra i vari aspetti: in questo modo sarebbe possibile “barattare” sostenibilità economica con sostenibilità ambientale o sociale e viceversa. Inoltre, c’è un’implicita assunzione che i tre aspetti abbiano lo stesso valore e che l’economia e la società siano, almeno in parte, indipendenti dall’ambiente.
Figura 1. La più comune rappresentazione della sostenibilità
Recentemente, è stato sviluppato un approccio per rappresentare la sostenibilità che tenga in considerazione le relazioni e l’ordine logico, fisico e termodinamico tra le tre sfere (economia, ambiente e società). Questa nuova rappresentazione utilizza una piramide a tre gradini in cui nel gradino inferiore è posizionato l’ambiente che fornisce gli input necessari al secondo gradino, la società, che rappresenta lo stato del sistema in cui gli input si organizzano e strutturano; e l’ultimo gradino rappresenta l’economia reale del sistema che dovrebbe produrre gli output utili del sistema rappresentato (Figura 2a). Per evidenziare quelle che sono le relazioni tra i tre gradini e la loro non interscambiabilità è necessario ruotare la piramide in senso orario (Figura 2b). In questo modo è possibile notare come i sistemi antropici seguono una logica input-state-output (I-S-O): l'ambiente fornisce i beni e i servizi che vengono utilizzati dalle società per il loro benessere; una società organizzata ha una produzione economica utile che contribuisce al benessere e. Questa rappresentazione permette di evidenziare anche il ruolo dei feedbacks, ovvero gli effetti dell’economia sull’ambiente e la società così come gli effetti della società sull’ambiente che in generale possono essere sia positivi che negativi. Ovviamente il sistema si mantiene a lungo solo se i meccanismi di retroazione sono tali da favorire la base della catena e non da minarne la stabilità.
Figura 2: Rappresentazione della sostenibilità attraverso una piramide
Fonte: Pulselli et al. (2015).
Sviluppo sostenibile e Agenda ONU 2030
Il 25 settembre 2015, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (2015) ha adottato l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e i relativi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs nell’acronimo inglese. Figura 3), articolati in 169 Target da raggiungere nel periodo 2016-2030.
Figura 3. Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs)
L’adozione dell’Agenda 2030, è stato un evento storico, sotto diversi punti di vista. Infatti, è stato espresso un chiaro giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale. Il carattere fortemente innovativo dell’Agenda 2030 è che viene definitivamente superata l’idea che la sostenibilità sia una mera somma di questioni ambientali, sociali ed economiche e, al contrario è riconosciuta e richiamata la necessità di una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo. L’Agenda 2030 si rivolge a tutti i Paesi chiamati a contribuire allo sforzo di portare il mondo su un sentiero sostenibile, senza più distinzione tra Paesi sviluppati, emergenti e in via di sviluppo. Ciò implica il richiamo per ogni Paese a impegnarsi a definire una propria strategia di sviluppo sostenibile che consenta di raggiungere i SDGs, rendicontando i risultati conseguiti all’interno di un processo coordinato dall’Onu. Inoltre, l’attuazione dell’Agenda 2030 richiede un forte coinvolgimento di tutte le componenti della società, dalle imprese al settore pubblico, dalla società civile alle istituzioni filantropiche, dalle università e centri di ricerca agli operatori dell’informazione e della cultura.
Ogni Goal si riferisce a una dimensione del sistema umano-planetario che evolve nello spazio e nel tempo, e tutti insieme puntano a realizzare quell’equilibrio globale rappresentato dalla sostenibilità dell’intero sistema. Sotto molti aspetti i SDGs sono considerati il completamento della positiva esperienza maturata nel quindicennio precedente con gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals – MDGs nell’acronimo inglese), che sono stati adottati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, su proposta dell’allora Segretario Generale Kofi Annan, durante il Summit del Millennio nel settembre 2000. I MDGs, dovevano essere raggiunti entro il 2015. Pur con livelli di realizzazione non uniformi, i MDGs hanno sia rafforzato l’azione di aiuto verso i paesi in via di sviluppo da parte di quelli sviluppati (in particolare dei membri del G8), sia canalizzato risorse finanziarie nazionali e internazionali su obiettivi condivisi, portando a nuove iniziative concrete nella lotta mondiale contro la povertà, la fame e le malattie. Il principale obiettivo raggiunto dai MDGs è stato quello di dimezzare la povertà assoluta nel mondo da 1,9 miliardi nel 1990 a 836 milioni nel 2015, nonostante la crescita della popolazione mondiale fino a oltre i 7 miliardi nel 2015.
I SDGs hanno tre grandi punti di forza e novità: 1) universalità, 2) integrazione e 3) trasformazione. Infatti, per il raggiungimento di questi Obiettivi è necessario che Nazioni, scuole, organizzazioni, città e settore economico collaborino. Gli Obiettivi sono connessi tra loro e quindi non è pensabile di raggiungerne solo uno ma è necessario raggiungerli tutti. Infine, è necessario un radicale e fondamentale cambiamento nel modo in cui le nostre società vivono nel Pianeta.
Nel porre al centro dell’impegno comune lo sviluppo sostenibile e non più solo la crescita in termini meramente economici, l’Agenda 2030 rappresenta anche la conclusione del lunghissimo processo negoziale delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, iniziato nel 1987 con la pubblicazione del Rapporto Our Common Future della Commissione Mondiale su Ambiente e Sviluppo (meglio nota come Commissione Brundtland).
In Italia su iniziativa di Unipolis e dell’Università di Roma “Tor Vergata”, il 3 Febbraio 2016 nasce L’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (Asvis) per far crescere, nella società italiana, nei soggetti economici e nelle istituzioni, la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per stimolare la realizzazione dei suoi obiettivi. Pubblica annualmente un rapporto fornendo, a livello internazionale e nazionale, lo stato dell’arte nell’applicazione degli SDGs, oltre a suggerire un quadro organico di iniziative di policy per le istituzioni pubbliche del paese.
Asvis organizza annualmente un Festival dello sviluppo sostenibile, una grande operazione di sensibilizzazione capillare sul tema ed una rilevante palestra di elaborazione scientifica e culturale in tutto il contesto territoriale italiano.
Riferimenti bibliografici
- Daly H.E. (1990), “Toward Some Operational Principles of Sustainable Development”, Ecological Economics, 2, 1-6.
- Nazioni Unite (2015), Transforming our world: the 2030 Agenda for Sustainable Development. General Assembly, Seventieth session. A/RES/70/1.
- Pérez Esquivel A. (2006), Comunicazione in occasione de “The First International Conference on Management Resources, Sustainable Development and Ecological Hazards, Ravage of the Planet”, Bariloche (Argentina), 12-14 dicembre 2006.
- Pulselli F.M., S. Bastianoni, N. Marchettini e E. Tiezzi (2011), La soglia della sostenibilità - Nuova edizione ampliata, Roma, Donzelli Editore.
- Pulselli F.M., L. Coscieme, L. Neri, A. Regoli, P.C. Sutton, A. Lemmi e S. Bastianoni (2015), “The world economy in a cube: A more rational structural representation of sustainability”, Global Environmental Change - Human and Policy Dimensions, 35, 41-51.
- World Commission on Environment and Development (1987), Our Common Future. Oxford, Oxford University Press.
Suggerimenti di lettura
- Bologna G. (2014), Sostenibilità in pillole: Per imparare a vivere in un solo pianeta, Milano, Edizioni Ambiente.
- Bologna G. (2008), Manuale della sostenibilità: idee, concetti, nuove discipline capaci di futuro, Milano, Edizioni Ambiente.
- Giovannini E. (2018), L’utopia sostenibile, Roma, Laterza.
- Meadows D.H., D.L. Meadows e J. Randers (2014), I nuovi limiti dello sviluppo. La salute del pianeta nel terzo millennio, Milano, Oscar Mondadori.
- Morin E. (1995), “Le vie della complessità”, in G. Bocchi e M. Ceruti (a cura di), La sfida della complessità, Milano, Feltrinelli.
- Odum H.T. (1983), Systems Ecology, New York, Wiley.
- Odum H.T. (1996), Environmental Accounting: energy and environmental decision making, New York, Wiley.
- Tiezzi E. (1984), Tempi storici e tempi biologici, Milano, Garzanti Editore.