Trasferimenti sociali
Definizione
I trasferimenti sociali rappresentano uno strumento di politica pubblica, hanno un carattere unilaterale e sono erogati dallo Stato, consistono in un trasferimento di beni e servizi in denaro (cash) o in natura (kind) ai cittadini beneficiari. In maniera semplificata, i trasferimenti sociali di tipo cash sono trasferimenti di reddito, mentre quelli in kind possono essere definiti come spesa pubblica che si traduce in prestazioni di servizi di diverse tipologie (Baldini et al, 2006). Perseguono l’obiettivo economico e sociale di intervenire sulla redistribuzione del reddito, delle risorse e in generale della ricchezza producendo variazioni del reddito monetario disponibile (Baldini e Toso, 2004), perseguendo il principio di equità sociale e di sviluppo economico, contrastando i cd 'fallimenti del mercato', come le asimmetrie informative e, in generale, i rischi sociali.
I trasferimenti di tipo monetario caratterizzano i sistemi di welfare più tradizionali, tipicamente socio-assistenziali, che prevedono un’erogazione monetaria fondata sui diritti acquisiti più che sui bisogni verificati attraverso una prova dei mezzi. Il livello nazionale prevede un sistema fiscale o una spesa gestita dagli enti previdenziali, è il caso della previdenza pensionistica in Italia. Tali tipi di trasferimenti sono considerati poco redistributivi e non sufficienti a garantire la promozione dei diritti dei cittadini. Non garantiscono una (reale) eguaglianza di opportunità e di risultati (Atkinson, 2015). I trasferimenti in cash riconoscono sicuramente un diritto, si pensi agli ammortizzatori sociali come la cassa integrazione guadagni, ma non richiedono necessariamente una controprestazione. Oggi vi sono misure bilanciate fondate sull’erogazione di un reddito condizionato, vedi la Naspi, l’Asdi, il reddito di cittadinanza (RdC).
I trasferimenti in kind sono prestazioni di servizi con una loro specificità funzionale. Sono trasferimenti di beni e prestazione di servizi primari, con finalità categoriali (asili nido, buoni alimentari, alloggi, mense, assistenza sanitaria, istruzione, etc.) ma anche con fini più universali. Le tipologie di servizi offerti possono riguardare diversi settori: sanitario, sociale, istruzione, abitazione. Possono rivolgersi a più tipologie di beneficiari: anziani, disabili, famiglie e altri servizi di interesse sociale I trasferimenti in kind possono essere gestiti sia a livello di governo centrale che locale laddove si renda opportuna una maggiore capacità di organizzazione della rete dei servizi e una visione più ampia per poter rispondere ai singoli bisogni.
Il dibattito scientifico su quale tipologia di trasferimento consenta di allocare al meglio le risorse (pubbliche) investite, rendendo più efficace l'effetto redistributivo non permette ad oggi di stabilire se un'opzione sia migliore dell'altra, un esempio è il caso del contrasto alla povertà infantile: forme diverse di spesa a favore delle famiglie producono effetti diversi che possono ugualmente migliorare la situazione (Nyagard et al, 2019). Ad esempio, da una parte la spesa in sussidi alla maternità riduce la povertà attraverso una redistribuzione orizzontale della ricchezza (da famiglie senza bambini a quelle con bambini), dall’altra la stessa spesa in servizi per l'infanzia favorisce l'occupazione dei genitori e per questa via riduce il rischio di povertà. L'ottimo, in generale, si ottiene in un utilizzo combinato di entrambe le opzioni.
Trasferimenti alle famiglie e nuove misure di contrasto alla povertà
L’Italia riserva alla protezione sociale quasi un terzo del prodotto interno lordo (il 29,1% contro il 27,9% della media Ue). La quota di spesa dedicata ai trasferimenti monetari, e in particolare a pensioni di anzianità e vecchiaia, che da sole arrivano a poco meno del 16% del Pil, è la parte più rilevante mentre la spesa per servizi a utilità sociale è ancora tra quelle più basse a livello europeo (Istat, Spesa sociale dei comuni 2020). Gli interventi e i servizi socio-assistenziali, così come previsto dalla Legge quadro n.328 del 2000, sono decentrati a livello locale, i Comuni (e in parte gli ambiti sociali) gestiscono la spesa sociale con una variabilità territoriale molto alta sia a livello di prestazioni che di risorse. Nel 2017 (ultimo dato disponibile) le risorse pro-capite destinate alla rete territoriale di interventi e servizi sociali è di 119 euro per abitante, con una grande variabilità territoriale: dai 58 euro in alcune aree del Sud ai 172 euro nel Nord-Est. Tale variabilità è riscontrabile anche nell'offerta di altre tipologie di prestazioni sociali cosi come indicato dall'Istat (Istat, 2018). Inoltre, non è raro che problemi connessi al corretto targeting delle misure incidano sulla coerenza tra la distribuzione sociale delle prestazioni assistenziali e la condizione di bisogno economico delle famiglie (Baldini et al., 2016). In tal caso si verifica che una quota non trascurabile di popolazione in situazione di necessità non riceva alcun tipo di trasferimento e, viceversa, individui e nuclei percettori di redditi più alti drenino importanti risorse della spesa sociale. Per alcune tipologie di prestazioni, come nel caso degli assegni per il nucleo familiare, si verifica la paradossale situazione per cui questi siano destinati unicamente a lavoratori dipendenti (pubblici e privati) producendo evidenti iniquità.
Le politiche redistributive di risorse (e di opportunità) nascono a sostegno della popolazione, sono politiche inclusive fornite con erogazioni monetarie ma anche accesso a servizi di sostegno, all’inserimento al lavoro, alla salute, alla istruzione, alla socializzazione. Un’applicazione può essere letta nella recente introduzione di una misura strutturale di contrasto alla povertà nazionale: il Reddito di Inclusione prima e il Reddito di Cittadinanza in seguito. Negli ultimi anni in Italia, dopo decenni di sperimentazioni e tentativi posti in essere a livello nazionale e regionale, è stata introdotta una nuova misura di contrasto alla povertà che mira all'integrazione delle due tipologie di trasferimento (cash e kind).
Riferimenti bibliografici
- Atkinson A.B. (2015), Disuguaglianze: che cosa si può fare?, Milano, Raffaello Cortina Editore.
- Baldini M. e S. Toso (2004), Diseguaglianza, povertà e politiche pubbliche, Bologna, Il Mulino.
- Baldini M., P. Bosi e D. Pacifico (2006), “Gli effetti distributivi dei trasferimenti in kind: il caso dei servizi educativi e sanitari”, CAPP paper, 18.
- Baldini M., P. Bosi, D. Mesini e E. Ranci Ortigosa (2016), “Un sistema per battere la povertà”, Lavoce.info. Link.
- Istat (2018), “Reti di servizi: offerta e diseguaglianze territoriali”, in Rapporto annuale 2018.
- Istat (2020), Report sulla spesa dei comuni per i servizi sociali anno 2017.
- Nygård M., M. Lindberg, F. Nyqvist, C. Härtull (2019), “The Role of Cash Benefit and In-Kind Benefit Spending for Child Poverty in Times of Austerity: An Analysis of 22 European Countries 2006–2015”. Social Indicators Research, 146(3), 533-552.
Suggerimenti di lettura
- Aaberge R., L. Eika, A. Langørgen, M. Mogstad (2018), “Local governments, in-kind transfers, and economic inequality”, Statistics Norway Research Department, Discussion Papers, 888.
- OECD (2019), Social Expenditure Update 2019. Link.